siesta – da “Frasario”
( Anne Kussell – 1983 )
Dicono
di vie fra le rade e gli scafi - celesti,
Ravvivate
dalla lucerna all’uscio
Dell’arena. Dicono della gelata che ha squarciato il prunaio,
di fiordi perduti,
Mentre
con la mano affilano la spina nitida,
con la creta del rumore.
Flebile
è l’invito del topazio al fuoco vegetale della notte…
Dicono
siano più potenti della conversione della pietra in pianto, grafia di chi si
duole
sereno-azzurro.
Dicono
siano fatte di edifici argentei, di mughetti dolorosi,
Spille
d’agata pensate per un lutto incandescente,
Le
donne, di bussole d’oro, di incontri arredati dentro ai pozzi o agli acquedotti…
Le
donne ricordano rumori di antichi calpestii sopra le assi, di fiacchi
Acquai
dove la parola eterna ha piantano bulbi di narcisi soleggiati;
Quella
loro intesa di sughero al grecale…
Le
donne dicono di boccole, di colza - sopra la città-eco il nulla ha svolto
La
sua maschera di campana - Dicono di petree sere d’inverno, dell’anello tenero
Dei
ciliegi – Sangue alla maddalena del grano, per l’amicizia che lega
All’infernale
addio. Rubiconde come il cielo di selce - azzurro, imboscato nella cresta
Del
cuore saldo, universale. Le donne - di qui - parlano
La
lingua di un giovane bacco, ti offrono il seme di una speranza di viti, di
nuove maggesi,
Delle
nuove rose. Dicono di spogliatoi dentro spirali di pollini e spore,
Di
spettri in remote crisi di logiche e corone.
*
Puoi
risollevare la tenerezza del mondo, stanotte,
Passare
oltre il bosco dei cervi,
Fino
alla tana della vecchia strega - mutò tutti in massi i nostri respiri.
Era
bambina con noi e sembra ora che tutti ci abbia gestato.
È
Donna
la magia più potente, il suo frutto nel sacco d’acqua nera.
Ciò
che non avrai, stanotte, è la scelta…
Ti
affaccerai allo spioncino, finchè gli occhi sotterrati si avvarranno della loro
trasparenza, ti
Farai spira di un impossibile ritorno. Dovrai
amare…
Il
matador si piega sulla corteccia chiusa del toro, pare
Un
blocco di pietra, lì, da prima del tempo, da prima
Del
mobile frasario del mare. Tace perché è l’erede della sua conchiglia vuota; il
favo bruno
Del
giorno palpita negli alambicchi dell’altopiano. Muso contro il vento,
Il
toro caduto, il matador con la mantella nervosa, continuano il loro alfabeto:
Scegli
fra i due margini una goccia di fuoco o di miele.
Sbarcano
gli inverni, spiga a spiga. Giunge alla cava di
Stelle
la strada appena nata.
Sei
il testimone prodigioso di un grande
Maleficio.
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