mercoledì 16 novembre 2016

Eclisse Di Terra

Pink Floyd - Dark Side of the Moon




Eclisse Di Terra - da "Frasario"





                       Un mercoledì di grigi o fu forse di
              Giovedì? Di luna o di sole, un giovedì di presepio etiope. __Che la parola
        Parlata si dovesse cantare
Lo avevamo imparato alla scuola preliminare
Di poetica universale, lungo la costa
Diplomati i cui nomi sarebbero stati omessi. Uno il mio.
Raffiche contro pile di neve accatastate sul terreno irascibile, con ruote
Metronomi. Di quel che pensai penso ancora adesso. Senza galoche
 Per sfidare dicembre,
O fu nei primi giorni di settembre, avevo ancora addosso la crema
     Abbronzante, di ritorno dalla spiaggia;
            Una città solitaria che non poteva ospitare tutti i nostri tabarri,  anno 1966,
                Correva l’anno 2016 un mercoledì o un giovedì
                                                                       O un sabato  di ceneri.

                Venne qualcosa o qualcuno,
                                  Può darsi un amico che passava
                                           Con il segno della vittoria sulle dita,
                                    A mò di unta preda, il camice di macellaio
                                          Slacciato per il caldo, avvolto in una pesante
                       Sciarpa di cachemire, con l’’odore del dopobarba
                              E la catena di rafia a cui pendeva una madonnina fosforescente.
                                      Una Maria indiana, con le carni di latte buio, i capelli di rovere incatenati in un
                                                                                                                                                             Rosario di bufere…


              Venne qualcosa o qualcuno, un amico o
                        Il fantasma di mio nonno nella pioggia tangente della baia…
                                  Potrei sbagliarmi, lo ripeto. Anzi, ora che ci penso, son quasi
                                 Certa che il luogo fosse un piccolo caffè,
  Un bar di lusso lungo la statale, il grosso lampadario
       Dorato, auto posteggiate con arida meraviglia,
Un carretto sul retro, di fronte alla stalla; i contenitori per
La biada rumoreggiavano di qualcosa di eterno
E tangibile. Con catenine di strass e cristalli di vetro pendenti, il lampadario,
Poltroncine di vimini un po' stropicciate, nasi arrossati contro fazzoletti di stoffa
Decorati a mano. I Ragazzi seduti a sorseggiare,
Chi una birra, chi due dita di  ambrosia...  I loro orologi fissi sull’ora della
Caduta del re clochard. le gambe accavallate.  Una  cameriera è scivolata sull'impiantito
                    Bagnato di brina, rovesciando i miei occhi e un bicchiere di marsala d’annata,
                      O forse solo i miei occhi erano d’annata…  mi pare si chiamasse Cindy...


                  Qualcosa venne o qualcuno… un santo sulla sua bicicletta
                                Arrugginita, cigolando le ginocchia sottili,
                                        Avvolto in un pesante paltò che lasciava intravedere
                                                  Una ferita di guerra al gomito,
                                                                         Se mi concentro, è lì che lo vidi, passare di fianco
                                                            Al finestrino della corriera per Napoli
      Il giorno dell’esame di glottologia, o linguistica,  o magari un vecchio diavolo
Uno di quelli che lo capisci subito che sono lucenti come il rame.
Il vecchio capo indiano Luisito che una volta si arrabbiò col prete
          E lo colpì con la grossa bibbia del  pulpito, fino a fargli sputare
                             Due denti nell’acquasantiera…


                                                                                     Ma, venne. Venne qualcuno o qualcosa,
                                              E non tacque, mentre un nuovo vagone veniva
                                     Aggiunto al rapido Cassino-Roma e
                                                quasi tutte le corse dalla stazione 
                                                         di Campo Stellato venivano cancellate...
         Venne che ero incinta di un meraviglioso pesco dai frutti di lignite, succosi come saggi
      D’anatomia quattrocentesca, o che avevo appena perso il mio
    Più caro amico, in una città d’oltremanica - si innamorava di tutto... -
          Venne che mettevo la punta all’albero di natale, venne che l’estate
                                                                                            Era a un tiro di schioppo


                                           Fatto sta che venne e non tacque: << Fra altri due versi sarai morta,
                        Morta o priva di tempo, per noi non fa differenza. Un paradiso
                                                   All’ultimo grido >>
Scrissi una canzone, per strada, fino alla finestra della nuova farmacia comunale.
                    Svegliai il dottore, mi toccò pagare una cauzione, ma avevo mal di denti
                       E il dottore mi diede il bigliettino di un bravo odontoiatra,
          Scrissi una canzone, questo è tutto quel 
        Che ricordo con precisione,
     Sul limitare della dogana scomparsa.
Ed eccomi qui a cantarla.









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