Pink Floyd - Dark Side of the Moon |
Eclisse Di Terra - da "Frasario"
Un mercoledì di grigi o
fu forse di
Giovedì? Di luna o di
sole, un giovedì di presepio etiope. __Che la parola
Parlata si dovesse cantare
Lo
avevamo imparato alla scuola preliminare
Di
poetica universale, lungo la costa
Diplomati
i cui nomi sarebbero stati omessi. Uno il mio.
Raffiche
contro pile di neve accatastate sul terreno irascibile, con ruote
Metronomi. Di quel che pensai penso ancora adesso. Senza galoche
Per sfidare dicembre,
O fu nei primi giorni di settembre, avevo ancora addosso la crema
Abbronzante, di ritorno dalla spiaggia;
Una città solitaria che non poteva
ospitare tutti i nostri tabarri, anno
1966,
Correva l’anno 2016 un mercoledì o
un giovedì
O un sabato di ceneri.
Venne qualcosa o qualcuno,
Può darsi un
amico che passava
Con
il segno della vittoria sulle dita,
A mò di unta
preda, il camice di macellaio
Slacciato per il
caldo, avvolto in una pesante
Sciarpa di cachemire,
con l’’odore del dopobarba
E la catena di rafia a
cui pendeva una madonnina fosforescente.
Una Maria indiana, con le carni di latte
buio, i capelli di rovere incatenati in un
Rosario di bufere…
Venne qualcosa o qualcuno, un
amico o
Il fantasma di mio
nonno nella pioggia tangente della baia…
Potrei
sbagliarmi, lo ripeto. Anzi, ora che ci penso, son quasi
Certa che il luogo fosse
un piccolo caffè,
Un bar di lusso lungo la statale, il grosso
lampadario
Dorato, auto posteggiate con arida
meraviglia,
Un
carretto sul retro, di fronte alla stalla; i contenitori per
La
biada rumoreggiavano di qualcosa di eterno
E tangibile. Con catenine di strass e
cristalli di vetro pendenti, il lampadario,
Poltroncine
di vimini un po' stropicciate, nasi arrossati contro fazzoletti di stoffa
Decorati
a mano. I Ragazzi seduti a sorseggiare,
Chi
una birra, chi due dita di ambrosia...
I loro orologi fissi sull’ora della
Caduta
del re clochard. le gambe accavallate. Una
cameriera è scivolata sull'impiantito
Bagnato di brina,
rovesciando i miei occhi e un bicchiere di marsala d’annata,
O forse solo i miei occhi erano d’annata…
mi pare si chiamasse Cindy...
Qualcosa venne o qualcuno… un santo
sulla sua bicicletta
Arrugginita, cigolando
le ginocchia sottili,
Avvolto
in un pesante paltò che lasciava intravedere
Una ferita di guerra al gomito,
Se mi concentro, è lì che lo vidi, passare di fianco
Al
finestrino della corriera per Napoli
Il giorno dell’esame di glottologia, o
linguistica, o magari un vecchio diavolo
Uno
di quelli che lo capisci subito che sono lucenti come il rame.
Il
vecchio capo indiano Luisito che una volta si arrabbiò col prete
E lo colpì con la grossa bibbia del pulpito, fino a fargli sputare
Due denti nell’acquasantiera…
Ma, venne. Venne qualcuno o
qualcosa,
E non
tacque, mentre un nuovo vagone veniva
Aggiunto al rapido Cassino-Roma e
quasi tutte le corse dalla stazione
di Campo Stellato venivano cancellate...
di Campo Stellato venivano cancellate...
Venne
che ero incinta di un meraviglioso pesco dai frutti di lignite, succosi come
saggi
D’anatomia
quattrocentesca, o che avevo appena perso il mio
Più
caro amico, in una città d’oltremanica - si innamorava di tutto... -
Venne
che mettevo la punta all’albero di natale, venne che l’estate
Era a un tiro di schioppo
Fatto sta che venne e non
tacque: << Fra altri due versi sarai morta,
Morta o priva di tempo,
per noi non fa differenza. Un paradiso
All’ultimo grido >>
Scrissi
una canzone, per strada, fino alla finestra della nuova farmacia comunale.
Svegliai il dottore, mi
toccò pagare una cauzione, ma avevo mal di denti
E il dottore mi diede il
bigliettino di un bravo odontoiatra,
Scrissi una canzone, questo è tutto
quel
Che ricordo con precisione,
Che ricordo con precisione,
Sul
limitare della dogana scomparsa.
Ed
eccomi qui a cantarla.
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