mercoledì 23 novembre 2016

Don Cosmo


















Don Cosmoda “Bluff in-Versi”
(Anne Kussell – 1983 – &m.B)










Hai continuato a pedalare
Dopo che il cuore si era fermato, -  in seguito, l’alba demolita; chi sa, gli avieri
A sfogliarsi sui dirupi, a diramare chicchi di balauste lungo
La fossa dei silfi –
Dall’oratorio, poche suole all’albero del globe-trotter,
un sileno che piangeva
Invocando il nome dei Padri, ai lagunari eremi, eterno vi arde lo stuolo degli spazi…
Ci vorrebbe una aeronave – dicevi –
La gazzarra rendeva lieto lo spartito “Lodate l’uomo, i suoi fili di niente”.
Cantavi e  in rose profonde il fungo tessile che
Condensa la matassa della nostra geologia privata - il vento riluce in uno scoppio,
Fossile nella greppia di cobalto - può il giorno, curato da una balza…
E pure mi afferrasti un modo nuovo di pregare, con
la luna malga,
con lo smeraldo delle lingue.

*
Hai continuato  a sgroppare per ore, dopo
Che il sangue era sfollato in una eclissi del
Vecchio cuore-gomena.
Attraverso il piccolo uscio d’acqua santa, l’arco di una giga carogna:
Non suonava da venti annate di falerno; fra le
Mani dei passanti quella posa d’amicizia esterna al mondo di orologio che t’eri imbastito sul
Match, fra i fiumi di loto, un po’ più larghi i guantoni – così che avrei potuto chiederteli 
in prestito...
*
All’ombra dell’ombra schiarita da un sole neurale, scala sull’acme di una
Luna d’aprile/ luna d’aprile - scivola sull’arnia /il rame del martin pescatore.
Fummo sfrondati e interrati nelle nostre faretre,  
Il corpo incendiato fascio a fascio.

*
Hai seguito a morire per giorni, dopo che la vita era…
Come si fa con la punta di un ago per togliere una scheggia…
Sempre dallo stesso lato, la tua clessidra, questo lo ricordo.
Disancorato per smussare la cortina d’eternità e di canapi
Che mi depredava con un lampo  ansimante, e non potevo scollarmi
Dai tuoi cosmi finiti, dagli avana fumati a metà, da un frase galante
Appena composta, in trillo o giava, trascurata dalla guancia livida del sole sull’aranceto della
Missione. È qui che vivi, una cattedrale d’edera, grano di sale, ma un vecchio organo elettrico
Pietrifica il bel tempo, talvolta entra una rondine dal rosone sberciato con le sirene
Filanti di una volante, verso i banchi della fiera.
Quindi è qui che vivi…

Sempreverde l’ora dei santi dell’ultima ora.
Niente è come si crede attraverso la psiche del ciborio.
Qui rileggo le tue lettere d’amore - guizza la cavalletta, sulla tendina sfilano 
Le carrozze. M’affido
Alla medaglia di sant’Erasmo…   il lume tentenna, dentro l’ aura buona,
discesi a piombarci sopra il  letargo delle reti... 






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